Il coaching in Italia, anche se ha ormai un suo spazio consolidato, si può ancora definire una professione giovane e il mercato per i servizi di coaching ha dei margini di crescita importanti.
Il coaching si sta espandendo rapidamente ed ha ottenuto spazio sui media italiani, ma ancora molti non sanno cosa sia e come funzioni, oppure hanno avuto un’esperienza con coach non professionale e credono che quello sia il coaching.
Questa, per un aspirante coach, rappresenta una doppia sfida, al contrario di un dentista o di un commercialista, avrai bisogno di far conoscere ai tuoi potenziali clienti il coaching e il suo valore prima ancora di vendere il tuo particolare modo di essere coach. Difficilmente le persone sentono il bisogno di qualcosa che non conoscono; è assodato che ognuno può beneficiare di un percorso di coaching, ma il compito di informare il mercato ricade sui singoli professionisti e sulle associazioni di categoria. Dovrai essere preparato a spiegare e a dimostrare cosa è il coaching e come funziona. Molti coach offrono una prima sessione gratuita per questo motivo. Inoltre, per essere in grado di spiegare più efficacemente cosa è il coaching niente di meglio che aver lavorato tu stesso con un coach e parlare, anche come cliente, dei benefici del coaching.
Chi ha già avuto un’esperienza positiva con il coaching ne parla e genera nuovi clienti, ma chi ne ha avuta una negativa o insignificante diventa una cassa di risonanza negativa per tutti i coach. Un professionista deve essere preparato anche a recuperare reputazione dove altri l’hanno persa, a far capire la differenza che può esserci tra un sedicente coach e un professionista consapevole e preparato, meglio ancora se in possesso di un riconoscimento super partes.
Il mercato del coaching in Italia è in rapida crescita, ma questo porta con sé anche degli svantaggi. Infatti, ci sono individui e aziende che si promuovono molto aggressivamente, talvolta usando argomentazioni che li descrivono come gli unici o i migliori, i primi… in genere queste sono non solo affermazioni fantasiose ma anche indimostrabili, non volendo entrare nel merito di quanto tali affermazioni siano squalificanti, si può dire che molti cercano il loro posto al sole e trovano i clienti che meritano, ma anche viceversa. In alcuni casi le associazioni professionali si occupano anche di denunciare chi è perseguibile a norma di legge.
Anche l’offerta di formazione in questa professione si sta sviluppando di conseguenza e si presenta quanto mai varia. Si moltiplicano le offerte, gli approcci e gli esperti dell’ultima ora. Il coaching, a causa del suo valore economico attrae talvolta le persone meno adatte, viene allora reclamato come esclusivo di specifiche discipline o viene confuso con professioni “simili”.
E se questo non sembra sufficiente, complice la necessità di ricollocamento di molti lavoratori, non manca chi propaganda corsi per diventare coach promettendo a chiunque un mirabolante futuro professionale, ricchezza e felicità assicurate!
Lo sviluppo porta anche il vantaggio di una sana competizione e ci sono anche molte scuole serie che, a ben guardare, sono abbastanza riconoscibili. Questo argomento sarà approfondito andando avanti con le lezioni.
I coach italiani con credenziale ICF nel 2020 erano 881 [1]. L’Italia evidentemente sta cogliendo il valore del coaching e lo sta portando nel quotidiano professionale e personale come “normale” strumento di supporto alle persone. Ma, d’altra parte, senza voler generalizzare troppo, va detto che la cultura italiana ha un “rumore di fondo” che può disturbare lo sviluppo professionale del coaching. Alcuni modi di intendere le relazioni e una certa abitudine alle “zone grigie”, ambiguità e sottintesi, a spazi di manovra tra le regole, sono antagonisti della professionalità etica e rigorosa necessaria nel coaching.
Purtroppo quando si è immersi in un sistema distorto da convenienze e interessi non dichiarati, si deve fare uno sforzo in più per stare – e far stare i propri clienti – nella trasparenza, nell’assunzione di responsabilità, nella comunicazione diretta e nella massima attenzione a possibili conflitti d’interesse o questioni di tipo etico. Questo non è un problema solo italiano, esistono certamente nazioni con problemi molto simili, talvolta peggiori, ma ci sono anche realtà dove tutto è più lineare, meritocratico, responsabilizzante per ogni singola persona, senza ostacoli sommersi e alibi. Si tratta di paesi e organizzazioni dove ogni persona si percepisce come facente parte del problema e anche della soluzione.
Probabilmente il coaching, con la cultura che porta, può dare il suo contributo anche allo sviluppo di una società più funzionale, questa è una speranza e anche una realtà verificabile in ogni organizzazione dove viene veramente sviluppata una cultura di coaching [2].
Chi vuole diventare coach professionista deve pianificare la sua carriera, facendo diverse scelte: dal percorso di formazione migliore per le sue esigenze, al settore in cui specializzarsi e a cui dedicarsi, deve definire i suoi obiettivi economici e di vita e attivarsi di conseguenza. Oggi più di ieri per avere successo in questa professione serve un approccio serio, strutturato e strategico e in futuro ci sarà sempre meno spazio per i coach improvvisati.
“Diventare coach è una questione che dipende dalla struttura mentale e valoriale della persona, dalla sua capacità di essere consapevole, presente nel momento, in ascolto dell’altro (invece che tesa a manipolarlo) e pronta ad accoglierlo, sostenendolo nella sua ricerca e azione” [3]. Non esistono scorciatoie o formule miracolose, non è sufficiente aggiungere alcune competenze a quelle già presenti, si deve cambiare un certo modo di pensare, di ascoltare, di concepire la relazione con l’altro. In Italia, come altrove, si diventa coach partendo da chi si è, costruendo con impegno ed eticità la propria professionalità e reputazione.
[1] Fonte: International Coaching Federation
[2] su questi temi forse può interessarti: www.voc-azione.org
[3] tratto da www.lifecoach.it