Colgo lo smarrimento sul viso del mio interlocutore, osservo l’accentuarsi delle sottili rughe che corrono orizzontali sulla sua fronte e le palpebre contrarsi riducendo gli occhi a due fessure. In fondo la sua era solo una domanda di routine, ma da circa quindici anni, quando mi chiedono cosa faccio nella vita, rispondo che sono un coach. Giustamente il malcapitato di turno cerca di capire meglio, di classificarmi nel suo “archivio”, di collocarmi nella sua mappa del mondo. Potrei indovinare il pensiero dietro a quell’espressione tipica: “Coach… in che senso?”. Si fa presto a dire coach!
Penso che cercare di profilare i coach, equivale alla ricerca di superare quello smarrimento, un tentativo di mettere ordine e trovare collocazione alla figura del coach, ci ripenso ed è una ricerca che mi sembra abbia senso e allora vale lo sforzo di avventurarsi nell’esplorazione dei possibili profili tipici del coach. Iniziamo.
Prima di tutto voglio chiarire che parlando di “coach” intendo persone che hanno fatto almeno un corso di coaching e che si presentano come coach professionisti. Ho scelto di dividere i coach in due macro-gruppi: quelli che non hanno un reddito significativo da coaching e quelli che invece esercitano questa professione traendone un reddito significativo. Una seconda divisione riguarda il modo in cui i coach intendono e vivono il coaching. Ci sono quelli che fanno i coach e quelli che sono coach. Già, perché “fare il coach” è un’attività riferita a obiettivi e competenze di coaching, mentre “essere coach” è una missione, un modo di essere che contempla una dimensione valoriale personale molto forte.
Il modello “Conch”
Definiti questi quattro cluster, si delinea un modello che li vede distribuiti su due assi incrociati, perpendicolari tra loro: quello orizzontale rappresenta l’asse del denaro e quello verticale l’asse che chiameremo dei valori. In questo modo si crea una coppia di poli opposti su ogni asse.
Questo è il mio modo per profilare i coach, il mio modello della Condizione del Coach che ho chiamato “Conch”, prendendo le prime tre lettere della parola “condizione” e le ultime due della parola coach. – devo ammettere che dopo la prima volta che ho pubblicato questo modello sulla rivista Coach Mag, ho ricevuto numerosi commenti positivi sul modello e richieste di chiarimento, ma anche commenti sul nome che ha diviso “l’opinione pubblica”, c’è chi pensa che il nome Conch faccia proprio schifo e chi invece lo ritiene semplicemente brutto… se avete suggerimenti sul nome sono pronto a coglierli.
Questo modello, si riferisce alla condizione del coach in termini pratici e in termini psicologici, definisce dei profili non gerarchici e senza alcuna valutazione di merito. Per un coach posizionarsi in un punto dello schema, più o meno vicino a uno dei profili di riferimento, può servire a comprendere meglio dove si vede in quel momento della sua vita e, eventualmente, ad attivare strategie per spostarsi dove desidera.
Come funziona il Conch
Più un coach è collocato a destra sull’asse orizzontale (Denaro) maggiori sono i proventi che gli derivano dal coaching, viceversa se si sposta verso l’estrema sinistra dell’asse, il reddito derivante dalle attività di coaching sarà minimo (potrebbe avere un altro lavoro ovviamente). Sull’asse verticale (Valori) invece abbiamo che se un coach si trova verso la parte alta sentirà maggiormente il coaching come una “missione di vita” e sarà più orientato verso valori olistici. Scendendo in basso sull’asse, al contrario, avremo a che fare con un coach di “mestiere” con prevalenza di valori più pratici e operativi.
I 4 profili del coach
In ogni quadrante emergono i quattro profili di riferimento:
1- Coach Minimalista
Questo profilo descrive chi raramente esercita il coaching in modo professionale. Ha competenze di coaching che applica, nelle sue varie attività, soprattutto a livello situazionale, ma le sue fonti di reddito sono altre. Ha probabilmente avuto dei momenti di grande entusiasmo per questa professione, ma poi il suo vero lavoro e i suoi doveri quotidiani l’hanno riassorbito. Se non si trova in questo quadrante per scelta, la difficoltà di trovare clienti e di gestirsi come professionista, nel tempo l’hanno portato a praticare poco e a perdere efficacia.
2- Coach Concreto
È competente, sa promuovere e gestire la sua attività. Ama il suo lavoro, anche se gli richiede molta energia. Non è a suo agio con obiettivi di livello trasformazionale, invece lavora bene con clienti che hanno obiettivi situazionali, su attività e progetti definiti. La componente economica del suo lavoro è uno dei driver principali. Potrebbe avere difficoltà a collaborare con i suoi colleghi più “spirituali”. Il suo work-life balance spesso e sbilanciato per il troppo lavoro.
3- Coach Essenziale
Questo profilo descrive un coach che non si guadagna da vivere con il coaching, ma incarna i valori del coaching e li porta in tutto quel che fa. Capita spesso che si ponga in ascolto facendo domande utili all’interlocutore e che le persone gli riferiscano che le fa sentire al sicuro, libere di parlare sinceramente. Se stare in questo quadrante non è una scelta, a questo coach succede spesso di non sentirsi realizzato in quello che fa, perché in fondo avrebbe voluto proprio fare il coach di professione. Qualche volta potrebbe mancare di senso pratico e potrebbe avere difficoltà a farsi valere in quello che fa.
4- Coach Virtuoso
Come nel caso del profilo 3, questo è un coach “naturale”, il che non vuol dire che non abbia dovuto sudare per arrivare ad esserlo, ma adesso, nella vita di tutti i giorni e con i suoi numerosi clienti, essere un coach gli riesce naturale e lo rende efficace senza sforzo. Ha anche senso pratico e capacità di promuovere se stesso. Potrebbe non essere molto efficace con clienti impegnati su obiettivi operativi e circoscritti, preferisce senza dubbio lavorare su temi trasformazionali. Potrebbe avere un work-life balance non ottimale.
Come tutti i tentativi di classificazione della realtà anche questo modello è inevitabilmente imperfetto, mi auguro che possa comunque servire ad attivare riflessioni e istanze costruttive, ringrazio fin da ora per feedback e suggerimenti.
Articolo pubblicato nel mese di Gennaio su Coach Mag
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