Quando ho deciso di intraprendere il percorso per diventare coach, e nello specifico durante la fase iniziale (Skills), mi è venuto spontaneo chiedermi davanti a quale obiettivo di sessione mi sarei potuta sentire spiazzata. In aula, dopo la primissima esperienza di coaching practice venni assalita da un sussulto emotivo quando mi chiesi “…cosa succederebbe se qualcuno portasse come obiettivo la felicità, il voler essere felice?”. Stavo appena capendo l’importanza della misurabilità dell’obiettivo e tutto ciò che ne sussegue e quell’ipotetica richiesta mi era sembrò semplicemente irraggiungibile. Qualche settimana fa è successo che, a metà del suo percorso, un coachee con il quale sto lavorando, portasse esattamente quell’obiettivo: essere felice. È stata la sessione nella quale ho sperimentato, più di in ogni altra occasione fino ad ora, quanto coach e coachee imparino insieme, quanto essere in partnership apre una serie di infinite possibilità di reciproco apprendimento e quanto tenere la mente aperta e non sentirsi in una posizione di vantaggio, possa aumentare la possibilità per entrambi di inner work.

Dopo essermi sincerata che il lavoro che saremmo andati a fare insieme fosse misurabile, in partnership con il coachee abbiamo stabilito che tirare giù una lista di alcuni degli indicatori di felicità, sarebbe stato il primo passo da compiere. Non prima di aver verificato quanto il coachee, (ed io) fossimo già felici. Nell’ affannosa ricerca della felicità una delle cose che ci sfugge è che lo siamo già, molto di più di quello che pensiamo. Il solo avere la felicità come obiettivo ci garantisce che i nostri bisogni primari siano soddisfatti, e se consideriamo che abitiamo in un mondo in cui il 46% delle persone vive con meno di 6 euro al giorno, mi sembra doveroso fermarsi a pensare quanto siamo già felici o comunque quanto sia incredibilmente maggiore per noi la possibilità di esserlo.

 Dalla sessione ho imparato che la lista stilata dal coachee è estremamente legata con l’essere umani. Per essere felici non serve possedere, essere ricchi, apparire, tutte cose che potrebbero avvantaggiarci la possibilità di godere dello stato di felicità, si intende, ma ciò che garantisce la felicità è il compimento di quelle skills che appartengono al nostro essere umani.  Quando si è in grado di navigare le emozioni, si alza il livello di percezione della nostra felicità, quando stiamo facendo qualcosa che mentalmente ci tiene nello stato di flow (qui ed ora) raggiungiamo picchi di felicità inaspettati. La nostra capacità di relazionarci con gli altri, di maturare partecipazione ed empatia verso gli altri, ci regala un senso di felicità che ogni volta ci sorprende, e ci conferma che è vero, noi umani non siamo isole, abbiamo bisogno dei rapporti per sentirci vivi anche se a volte ci creano difficoltà. Vivere in un corpo sano e ambire a mantenerlo tale ci rende felici e coltivare la nostra spiritualità, la capacità di percepirsi parte di questo meraviglioso universo, è qualcosa che può farci toccare con mano la felicità. 

Sono uscita da quella sessione con una consapevolezza maggiore, non solo su quanto emerso dalla stessa, ma su come faccia la differenza il rapporto di Parterniship alla base del coaching  e di quanto sia importante per evidenziare la diversità tra il coaching e le altre discipline che lavorano sulla  persona. Motivata a fare ricerche su come si misuri la felicità, se i progressi degli studi neurologici abbiamo già stabilito quali siano gli indicatori ufficiali di felicità, ho scoperto che là fuori c’è un mondo! Voglio condividere con voi, da musicista e da coach, qual è stata la mia colonna sonora a questa meravigliosa esperienza di ricerca.

Troverete la compilation “Searching for Happiness” su You Tube e su Spotify. Tante canzoni, di tutti i generi, che descrivono lo stato in cui si vive quando si è felici, e che esortano alla felicità e che sicuramente mantengono alto l’umore. 

Nella versione di You tube il contenuto extra è un omaggio al brano di Lucio Dalla “Felicità” che ho realizzato con un mio studente di canto, che in questo periodo di chiusure per il Covid, è stato forzatamente lontano da sua figlia di sedici anni che si trova all’estero per motivi di studio. L’idea è nata quando confrontandoci su quali sono le cose che ci rendono felici, abbiamo entrambi concordato che avere dei progetti a lungo termine, per lui crescere i suoi figli e per me portare avanti il mio lavoro da coach, rende la felicità più concreta. Abbiamo voluto fare una sorpresa a sua figlia unendo al testo di questa meravigliosa canzone, le immagini che lei gli ha inviato durante questi mesi di separazione, per renderlo partecipe della sua vita felice con i suoi nuovi amici in un paese straniero.  

Buona felicità e buon coaching e note a tutti!

-Nuna Shoesmith