Non basta avere un figlio per diventare dei bravi genitori. Sappiamo che c’è una predisposizione naturale all’apprendimento del ruolo genitoriale ma, se alcune cose sono istintive, altre si apprendono con lo studio e molte con l’esperienza.
Questo accade anche nel coaching, dove per un tipo di competenze aiuta una certa predisposizione naturale, parliamo di empatia, curiosità o comunicazione diretta; altre competenze si apprendono studiando, come le tecniche e i modelli di conversazione o un set di domande predefinite; un terzo tipo di competenze include quelle che si possono acquisire solo attraverso l’esperienza sul campo, come la fiducia nel processo di coaching e nelle proprie intuizioni.
Tra questi diversi tipi di competenze, quello più incerto è senza dubbio il primo, infatti non è garantito che l’aspirante coach riesca a far emergere queste competenze naturali dal suo strato di detriti culturali e traumi psicologici.
Proviamo a vedere come si può riuscire in questa impresa.

 

Il male invisibile
La raccomandazione più importante che mi sento di dare a chi vuole veramente diventare coach è: “fatti curare”. Non sto scherzando! La cura è essenziale, soprattutto per chi voglia essere d’aiuto agli altri. Tutti abbiamo bisogno di guarire da infanzie abusate e dagli ambienti insani dove siamo vissuti.
Non farti ingannare dalla parola “abuso”, potresti pensare a inconfessabili azioni commesse da loschi figuri, qui mi riferisco ad abusi meno visibili eppure rovinosi. Parlo di tutti i condizionamenti che genitori, zii, nonni, insegnanti instillano: la caramella, il gelato, il sorriso, l’elogio usati come ricompensa perché facessimo quel che era consono – e non parliamo delle punizioni. Abbiamo imparato a nascondere quel che sentiamo, pensiamo, desideriamo, a non fare domande, non sognare, non chiedere, non essere insistenti, non metterci in mostra, non dire, non rischiare, non sbagliare.
Si tende a censurare quello che: infastidisce, è scomodo, mette in imbarazzo, sembra brutto, fa paura. Genitori e parenti con l’intenzione di educarci e mantenerci al sicuro cercano di controllarci e indirizzarci, riducendo e oltraggiando molti dei nostri talenti naturali, a volte i più preziosi.
Sono di questo genere le cose da cui bisogna guarire sul cammino per arrivare a essere persone equilibrate, consapevoli, presenti.

 

La cura
In dieci anni di insegnamento ho potuto vedere quanto questo influisca sugli aspiranti coach. Molti dei partecipanti ai corsi tenuti nella mia scuola di coaching sono persone adulte, con un passato di successi in altre professioni. Sorprende vedere quanto spesso per loro può essere difficile porsi di fronte al cliente con genuina curiosità o chiedere con insistente specificità chiarimenti sull’obiettivo espresso. Anche accettare di entrare in una conversazione senza avere certezza di dove porterà è difficile per chi è abituato a prepararsi e ad avere sempre la risposta pronta. Perché queste difficoltà? “Non vorrei essere indiscreta”… “ma forse è una domanda troppo intima”… “Potrebbe percepirmi come troppo insistente!”… “Era sottinteso!”… “e se poi non so cosa dire?”. Siamo condizionati a essere discreti, ad avere paura del giudizio degli altri, a temere l’errore. Ma se il cliente cerca un coach è perché vuole essere aiutato e sfidato ad andare oltre i suoi orizzonti e cerca molto più di un educato interlocutore che lo accompagni docilmente sui soliti binari.
Un coach deve entrare nel mondo del cliente senza paura, pronto ad accogliere l’imprevedibile.

 

Apri quella porta
Un coach chiede sempre il permesso prima di entrare e, insieme al suo cliente, apre ogni porta con fiducia e ottimismo. Un coach non teme quel che il cliente possa pensare di lui, ma si cura che il cliente possa scoprire nuove cose su se stesso.
Se è vero che per iniziare a essere genitore devi almeno avere un figlio, per iniziare a essere un coach devi almeno aver fatto un corso di coaching, ma cosa fare oltre al corso? Prima di tutto apri la porta del tuo sviluppo personale, lavora con un buon coach o con uno psicoterapeuta, segui un percorso di sviluppo personale. Diversamente aggiungerai solo una tecnica in più al tuo bagaglio, ma continuerai a pensare come prima, a farti condizionare dai tuoi pregiudizi… sarà tempo perso.Per diventare coach devi crescere come persona e, dopo un certo punto di sviluppo, vedrai che esercitare questa professione ti restituirà al mondo migliore di prima.

 

Un articolo di Pier Paolo Colasanti

Se ti è piaciuto questo post condividilo sui social e facci sapere cosa ne pensi!